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Camminare è un modo di respirare e di conoscere, un ritmo con cui si sceglie di vivere, una trasformazione costante. È una via per incontrare gli altri superando confini, pregiudizi, inibizioni. Per Enrico Brizzi, scrittore, padre, pellegrino, il cammino è una danza, una preghiera, una musica senza parole che segue il respiro antico del mondo, libera la mente dall'inessenziale e vince il drago che si nasconde in ognuno di noi. Con lo zaino carico di curiosità, di pazienza, di libertà, si pone sempre nuovi obiettivi, unico rimedio alla nostalgia che si prova quando si arriva alla meta. Così, dopo essere stato da Canterbury a Roma, dalla Vetta d'Italia a Capo Passero, da Roma a Gerusalemme, si incammina con i Buoni cugini alla volta di Santiago de Compostela, partendo dalla sua amata Torino. E lungo il percorso - che valica le Alpi e i Pirenei correndo come un filo rosso attraverso storie e miti dell'Occidente, da Annibale a Carlo Magno, dal Cid Campeador a d'Artagnan, dai giacobini ai miliziani spagnoli - si interroga sulle radici del nostro Vecchio continente, cucendole insieme nel magico idioma dei viandanti. «Camminando ruggisci e preghi, mediti e impari a conoscere, ripercorri orme vecchie di secoli e apri la strada per chi verrà dopo di te». «Ogni pellegrinaggio è una vita in miniatura, una metafora del labirinto che ci tocca traversare prendendo le decisioni corrette a ogni bivio, ed è inutile arrovellarsi su cosa ci apparirà alla sua conclusione; bisogna arrivarci e basta, e a quel punto lo si scoprirà».